18 dicembre 2003

Era il 18 dicembre del 2003 ed erano passati solo 15 giorni dal mio arrivo in Fondazione quando ho conosciuto per la prima volta la Signora Renata. Era il mio primo colloquio con un familiare che lottava quotidianamente con l’Alzheimer: un male silente, una bestia oscura, che lentamente inghiottisce tutto a colui che ne è colpito e che annulla coloro che gli sono accanto.

Ero emozionata, prima di allora svolgevo un altro lavoro e quando un anno prima avevo conosciuto la Signora Manuli, Presidente dell’omonima Fondazione, che mi aveva proposto di andare a coordinare l’Ente mi ero posta tante domande e, attraverso quel colloquio, avrei iniziato a darmi le prime risposte.

Renata era sola, non aveva più nessuno se non la sua Rosina, è così che chiamava la sua mammina di 93 anni che da più di 10 anni conviveva con l’Alzheimer. All’inizio del 1993, quando l’aveva accompagnata ad un controllo e le era stata diagnosticata la malattia, era stato un colpo tremendo perché aveva appena finito di curare il suo papà, che si era spento con un tumore, e aveva dovuto accompagnare al cimitero il suo unico fratello di 49 anni morto improvvisamente per un infarto.

Aveva sentito parlare di noi da tempo, ma aveva sempre aspettato a contattarci perché il suo spirito contadino, forte e tenace ed abituato ai sacrifici, l’aveva sempre portata a pensare che c’era qualcuno che poteva aver più bisogno di lei e che quindi si poteva aspettare. Ma la sua schiena, spezzata dal tempo trascorso in mezzo ai campi e ora dai continui sforzi per alzare dalla sedia a rotelle la sua Rosina, le continuava a ripetere che avrebbe tenuto ancora per poco e prima o poi si sarebbe spezzata.

Fu così che dopo queste riflessioni ed incitata da un’assistente sociale che conosceva la Fondazione per il suo operato, si era decisa ad incontrarci e quel lontano mattino di molti anni fa era di fronte a me a raccontarmi il suo calvario.

Quello che mi aveva stupito in lei era il suo spirito di abnegazione, che poi ho visto in tanti altri esseri meravigliosi che ho incontrato in questi anni, che per amore, l’amore puro, decidono di rinunciare alla loro vita per assistere quella di un altro. Certo era la sua mammina,  ma avrebbe potuto occuparsene anche  senza rinunciare a tutto il resto, ma lei mi diceva: la mia Rosina vive perché ci sono accanto io, io sono la sua linfa vitale e finchè nel mio corpo scorrerà questa linfa lei sarà con me!

Renata era felice di avere qualcuno con cui condividere il suo peso e finalmente, anche se per poco, far riposare la sua schiena e le sue braccia perché c’era chi lavava e chi curava la sua mamma. Periodicamente ci chiamava per dirci che oramai non si sentiva più sola che aveva una nuova famiglia e che Paola, l’operatrice che le avevamo assegnato, le aveva insegnato tante tecniche per gestire meglio nella quotidianità la sua Rosina.

Qualche mese dopo arrivò in Fondazione una pianta meravigliosa, verde, rigogliosa, piena di fiori ed il biglietto che l’accompagnava portava la firma di Renata e questa frase….”Mai potrò trovare le parole per  esternare la mia riconoscenza per l’aiuto che mi state offrendo, per l’affetto che mi dimostrate e per le cure che portate alla mia Rosa. Questa pianta vuole essere la testimonianza della vitalità che ora scorre in me. Vi voglio bene. Renata P.”

Attraverso questo nuovo incarico mi sentivo felice, appagata, gratificata, lo sforzo che ogni giorno mettevo nello svolgere il mio lavoro con responsabilità ed attenzione veniva ripagato dalla riconoscenza delle persone alle quali si dava un “briciolo” di attenzione. Dico un briciolo perché rispetto all’enormità del bisogno di queste famiglie il nostro aiuto ci può sembrare veramente poco, ma in realtà per loro è moltissimo.

Ornella Mazza
Vice Presidente e Coordinatrice della Fondazione Manuli